L’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c. ha solo la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c., la cui consistenza, per effetto dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore, si sia ridotto al punto da pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore con l’azione espropriativa. In coerenza con tale sua unica funzione l’azione predetta, ove esperita vittoriosamente, non determina il travolgimento dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma semplicemente l’inefficacia di esso nei soli confronti del creditore che la abbia vittoriosamente esperita, per consentire allo stesso di esercitare, sul bene oggetto dell’atto, l’azione esecutiva ai sensi degli artt. 602 c.p.c. e ss per la realizzazione del credito.
L’applicazione del disposto dell’art. 36 1. n.392/1978 comporta che al conduttore di immobile urbano che sia anche affittuario d’azienda sia concessa la facoltà di cedere liberamente i citati rapporti contrattuali dandone comunicazione, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, al locatore, abilitato ad opporsi solo in presenza di gravi motivi e, comunque, garantito, in ipotesi di cessione non gradita e ove non abbia concesso esplicitamente il beneficio della liberazione del cedente, dal poter sollecitare da un tale ultimo soggetto l’adempimento delle obbligazioni che eventualmente siano rimaste inadempiute dalle obbligazioni da parte del cessionario. Trattasi di garanzia concessa al locatore per il tramite di una responsabilità solidale dei soggetti astrattamente obbligati, pur se subordinata all’inadempimento del cessionario, e destinata ad operare anche in caso di cessioni plurime di un contratto di locazione adibito ad uso diverso dall’abitazione nei rapporti tra primo cedente e successivi cessionari. Peraltro nell’ambito dei rapporti interni tra i vari conduttori succedutosi nel tempo per effetto delle cessioni del contratto, il citato debito solidale andrà ripartito secondo i criteri dell’imputabilità e, quindi, imputato all’artefice ultimo dell’inadempimento de quo.
Deve ritenersi opponibile ex art. 617 c.p.c., l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 495 c.p.c., tanto nella fase di determinazione della somma da sostituire al compendio pignorato, quanto nella fase di vera e propria sostituzione della somma versata all’immobile esecutato con conseguente liberazione dallo stesso.
Ai fini dell’esame della fondatezza della domanda attorea va in primo luogo accertata la sussistenza di un nesso di causalità giuridicamente rilevante tra la condotta del convenuto e l’evento di danno. Il giudizio di causalità nel processo civile è fondato su un criterio che obbedisce alla logica del “più probabile che non”. Una volta accertata l’esistenza di un nesso di causalità giuridicamente rilevante tra la condotta e l’evento di danno, la successiva valutazione attiene all’elemento soggettivo dell’illecito, alla colpa che, pur in presenza di un comprovato nesso causale, potrebbe essere autonomamente esclusa secondo criteri, storicamente elastici, di prevedibilità ed evitabilità”.
E’ dovuto il risarcimento del danno non patrimoniale connesso al disagio patito per non aver potuto beneficiare dell’uso della propria abitazione in relazione alla mancata esecuzione a regola d’arte dell’impresa appaltatrice delle opere di ristrutturazione dell’immobile. Tale danno non patrimoniale è suscettibile di stima equitativa tenuto conto, come parametro meramente orientativo, del costo medio di locazione di un immobile analogo a quello forzatamente non utilizzato.
L’appaltatore è tenuto a realizzare l’opera a regola d’arte osservando, nell’esecuzione della prestazione, la diligenza qualificata di cui all’art. 1176 II comma c.c.. In particolare egli può essere ritenuto responsabile dei vizi dell’opera anche se fedelmente esegue il progetto e le indicazioni ricevute, qualora non segnali eventuali carenze ed errori delle opere progettate, mentre va esente da responsabilità laddove il committente, pur reso edotto delle carenze e degli errori, ribadisca le indicazioni già date o chieda di dare ugualmente esecuzione al progetto.
(Tribunale di Como – Dott. Nicoletta Sommazzi – Sent. N. 883/08 del 8 aprile 2008 dep. 24 giugno 2008 )
La consegna di un assegno bancario con funzione di garanzia rispetto al corretto adempimento delle obbligazioni discendenti da contratto e la successiva messa all’incasso in caso di inadempimento della parte contrattuale non soffre di alcun profilo di illegittimità se la parte si attiene agli accordi intervenuti, sul punto, con la controparte contrattuale.
A norma dell’art. 1 primo co. D.L. n. 394/2000, la valutazione degli interessi come usurai ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 secondo comma c.c., va riferita al momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.
Nell’opposizione all’esecuzione il debitore contesta l’ammontare della somma ingiuntagli, mentre nell’opposizione agli atti esecutivi il debitore deduce la nullità del precetto per i vizi formali, sicché, nel primo caso, anche accolta l’opposizione, persiste l’idoneità del precetto a fungere da presupposto per l’esecuzione sia pure per un minore ammontare, mentre nell’altro il precetto, fondato sul medesimo titolo esecutivo, deve essere rinnovato.
Nell’atto di precetto il difensore può esporre unicamente le voci tariffarie previste nella tabella B parte II, approvata con D.M. n. 17/2004 (che non prevede, per il processo di esecuzione, le voci: posizione ed archivio; consultazione col cliente; corrispondenza informativa; domiciliazione); qualora il creditore sia un soggetto passivo I.V.A. e titolare del diritto di detrazione dell’imposta pagata in via di rivalsa al professionista, la stessa non costituisce un costo ripetibile nei confronti del debitore esecutato.