La mancata compilazione del quadro RR sezione II, relativo all’obbligo di versare i contributi dovuti alla Gestione separata sul reddito dichiarato quale lavoratore autonomo, in assenza di iscrizione ad alcuna cassa professionale, costituisce un doloso occultamento del debito contributivo verso l’ente previdenziale, con la conseguente sospensione della prescrizione, ex art. 2941 n. 8 c.c..
Ai contributi dovuti alla Gestione separata, infatti, si applica l’art. 18 D.lgs 241/1997, secondo cui i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi, con la conseguenza che la prescrizione decorre dal momento in cui i contributi devono essere versati e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi (mera dichiarazione di scienza e non presupposto dell’obbligazione contributiva).
Ai sensi dell’art 2935 c.c., viene attribuita rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione solo a ciò che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio, senza comprendere impedimenti soggettivi o ostacoli di mero fatto.
Riferimenti normativi
Decreto Legislativo 09.07.1997, n. 241
Regio Decreto Legge, 04.10.1935, n. 1827, art. 55
Codice Civile, art. 2935
Codice civile, Art. 2941
Nel caso di malattie multifattoriali (come l’ernia discale lombare), sebbene “tabellate”, non può operare la presunzione legale dell’eziologia professionale generalmente propria delle malattie tabellate, ove contratte nell’esercizio delle lavorazioni morbigene (anch’esse tabellate), poiché in tal caso il nesso di causalità non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di concreta e specifica dimostrazione, quanto meno in via di probabilità “qualificata” in relazione alla concreta esposizione al rischio ambientale e alla sua idoneità causale alla determinazione dell’evento morboso.
Riferimenti normativi
Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 09.04.2008
Decreto Legislativo 09.04.2008, allegato XXIII
Conformi
Cass. Civ., sez. lav., 20.09.2013, n. 21632
Cass. Civ., sez. lav., 21.11.2016, n. 23653
Cass. Civ., sez. lav., 20.05.2004, n. 9634
Il datore di lavoro non può unilateralmente sospendere il rapporto di lavoro, salvo che ricorrano, ai sensi degli art. 1463 e 1464 c.c., ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa totale o parziale, l’esistenza delle quali ha l’onere di provare, senza che a questo fine possano assumere rilevanza eventi riconducibili alla stessa gestione imprenditoriale, compresa la diminuzione o l’esaurimento dell’attività produttiva. Ne consegue che il dipendente “sospeso” non è tenuto a provare d’aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative nel periodo in contestazione, in quanto, per il solo fatto della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un’ipotesi di mora credendi, il prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il rapporto suddetto, conserva il diritto alla retribuzione.
Riferimenti normativi
Codice Civile, art. 1463
Codice Civile, art. 1464 c.c.
Conformi
Cass. Civ.. sez. lav., 16.04.2004, n. 7300
Cass. Civ., sez. lav.,16.06.2003, n. 9635
Le norme della L. n. 241/1990 sul procedimento amministrativo riguardano i procedimenti strumentali all’emanazione da parte della P.A. dei provvedimenti autoritativi destinati ad incidere sulle situazioni soggettive dei destinatari dei medesimi, caratterizzati dalla situazione di preminenza dell’organo che li adotta, e non sono perciò applicabili agli atti concernenti il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, connotati dal potere di supremazia gerarchica ,ma privi dell’efficacia autoritativa propria del provvedimento amministrativo.
Relativamente ad un contratto di lavoro dirigenziale a tempo determinato, in caso di risoluzione anticipata da parte del datore di lavoro non sorretta da un’idonea giusta causa, il lavoratore non ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma al risarcimento del danno. Ai fini della liquidazione del risarcimento, il giudice di merito non può – una volta esclusa la mancanza di diligenza nella ricerca di un nuovo lavoro – disattendere la richiesta di un risarcimento commisurato alle retribuzioni perse fino alla naturale conclusione del contratto, mediante il semplice e non validamente giustificato ricorso ad una liquidazione equitativa.
Riferimenti normativi
Codice Civile, art. 2119
Legge 07.08.2015, n. 124
Decreto Legge 06.07.2012, n. 95
Decreto Legge 04.07.2006, n. 223
Decreto Legislativo 30.03.2001, n. 165
Legge 07.08.1990, n. 241/1990
Circolari
Circolare n. 4/2015 Ministero per la semplificazione e della pubblica amministrazione
Circolare n. 6/2014 Ministero per la semplificazione e della pubblica amministrazione
Conformi
Cass. civ., sez. lav., 11.03.2019, n. 6950
Cass. civ., sez. lav., 04.01.2019, n. 87
Cass. civ., sez. lav., 13.07.2017, n. 17361
Cass. civ., sez. lav., 01.10.2015, n. 19626
Qualora la Cooperativa non applichi un contratto collettivo ai soci lavoratori dipendenti ma assicuri agli stessi un trattamento economico pari al reddito mensile distribuito in base al Regolamento interno, la contribuzione che la Cooperativa è tenuta a versare all’INPS va verificata mensilmente, avendo come parametro di riferimento la contrattazione collettiva leader del settore che stabilisce i minimi contributivi. La misura dei contributi dovuti agli enti previdenziali è, infatti, stabilita dalla legge in ragione della base imponibile che è costituita dalla retribuzione mensile spettante al lavoratore in base alla contrattazione collettiva di riferimento o, nella sola ipotesi in cui la retribuzione sia superiore a quella risultante dall’applicazione della contrattazione collettiva, dall’accordo delle parti. E’ illegittimo procedere ad una compensazione nell’arco dell’anno tra quanto versato al di sotto dei minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva per alcuni mesi e quanto invece versato in più con riferimento ad altri, non trovando applicazione il c.d. “minimo dei minimi” di cui alla L. n. 638/1983.
Riferimenti normativi
Costituzione della Repubblica, art. 36
Costituzione della Repubblica, art. 38
Decreto Legge 12.09.1983, n. 463
Legge 11.11.1983, n. 638
Decreto Legge 09.10.1989, n. 338
Legge 07.12.1989, n. 389
Legge 03.04.2001, n. 142
Conformi
Cass. civ., sez. lav., 03.06.2019, n. 15120
Cass. civ., sez. lav., 08.05.2019, n. 12166
Cass. civ., sez. lav., 03.10.2018, n. 24109
Cass. civ., sez. lav., 17.04.2012, n. 6001
Cass. civ., sez. lav., 24.11.2011, n. 24832
In caso di accertata non indennizzabilità della pretesa malattia professionale per mancato raggiungimento della soglia minima di inabilità permanente (pari al 6%), con conseguente rigetto del ricorso giudiziale, il giudice non può successivamente emanare una pronuncia di mero accertamento circa il grado di indennizzabilità, perché essa avrebbe ad oggetto soltanto uno degli elementi costitutivi del diritto alla prestazione economica, come tale insuscettibile di autonomo accertamento con efficacia di giudicato ai sensi dell’art. 34 c.p.c..
Riferimenti normativi
Codice di Procedura Civile, art. 34 c.p.c.
Decreto del Presidente della Repubblica 30.06.1965, n. 1124
Conformi
Cass. civ., sez. III, 26.02.2019, n. 5486
Cass. civ., sez. lav., 19.06.2018, n. 16149
Cass. civ., sez. I, 28.10.2011, n. 22520
Cass. civ., sez. lav., 04.02.1998, n. 11336
Nell’ipotesi in cui una parte contesti l’accertamento del diritto al compenso per lavoro straordinario compiuto dal Giudice nella sentenza parziale (alla quale è succeduta la rimessione della causa sul ruolo per la quantificazione degli importi dovuti al lavoratore mediante consulenza tecnica d’ufficio), il Magistrato resta vincolato alla precedente sentenza non definitiva del giudizio, anche se non passata in giudicato, in quanto la stessa produce l’effetto di preclusione endoprocessuale assimilabile al giudicato interno e ciò sia in ordine alle questioni definite, sia per quelle che ne costituiscono il presupposto logico necessario, senza poter risolvere quelle questioni in senso diverso con la sentenza definitiva.
Riferimenti normativi
Codice di Procedura Civile, art. 340
Conformi
Cass. civ., sez. I, 09.02.2016, n. 2533
Cass. civ., sez. I, 08.06.2007, n. 13513
Nel rapporto di lavoro subordinato del socio lavoratore, qualora la Cooperativa non applichi un contratto collettivo, nella valutazione della proporzionalità e sufficienza della retribuzione di cui agli artt. 36 Cost e 6, co. 2 L. n. 142/2001, occorre comparare il trattamento economico percepito dal socio lavoratore in base al rapporto associativo ed al regolamento della Cooperativa con la retribuzione del CCNL leader del settore, comprensiva del trattamento di fine rapporto. Qualora il regolamento della Cooperativa non preveda l’accantonamento ed il pagamento del TFR, ma siano stati ripartiti al socio lavoratore gli utili conseguiti per importi superiori alla retribuzione prevista dal CCNL, non sussiste il diritto del socio lavoratore alle differenze retributive; l’ampio margine differenziale tra la retribuzione lorda corrisposta mensilmente al socio lavoratore e quella del CCNL dallo stesso invocato è tale da ricomprendere, assorbendola, anche la quota del TFR.
Riferimenti normativi
Costituzione della Repubblica, art. 36
Legge 03.04.2001, n. 142, art. 6
Conformi
Tribunale di Como, sez. lav., n. 23/2019
Cass. civ., sez. lav., 28.08.2013, n. 19832
Il presupposto dell’incolpevole sovraindebitamento del debitore, necessario al fine dell’omologa del Piano del Consumatore, non può ritenersi sussistente qualora il consumatore medesimo abbia manifestato, con continuità e per anni, una reiterata attitudine ad omettere gli adempimenti fiscali ed il conseguente versamento degli oneri fiscali e contributivi previsti dalla legge.
Riferimenti normativi
Legge 27.01.2012 n. 3, art. 12 bis
La natura contrattuale della responsabilità ascrivibile all’istituto scolastico ed al singolo insegnante, che deriva, rispettivamente, dall’iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato, implica l’assunzione dei c.d. doveri di protezione, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c., i quali devono essere individuati e commisurati all’interesse del creditore del rapporto obbligatorio, sicché, nel caso di minore affidato dalla famiglia per la formazione scolastica, essi impongono il controllo e la vigilanza del minore medesimo fino a quando non intervenga un altro soggetto responsabile, chiamato a succedere nell’assunzione dei doveri connessi alla relativa posizione di garanzia.
Riferimenti normativi
Codice Civile, art. 1175
Codice Civile, art. 1375
Conformi
Cass. Civ., sez. III, 28.04.2017, n. 10516