Il potere di sospendere la vendita, attribuito dall’art. 586 c.p.c. al giudice dell’esecuzione dopo l’aggiudicazione, quando il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato ove: a) si verifichino fatti nuovi successivi all’aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l’aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all’aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili prima dalle altre parti, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l’esercizio del potere del giudice dell’esecuzione. La nozione di “prezzo giusto”, quindi, non è sovrapponibile a quella di “prezzo di mercato”, posto che la differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo di aggiudicazione trova piena giustificazione nell’ontologica differenza tra vendita negoziale e vendita coattiva, ove, tra l’altro, la seconda implica un’apprezzabile riduzione di prezzo connessa al disposto di cui all’art. 2922 c.c. (mancanza di garanzia per vizi e difetti).

Riferimenti normativi

Codice Civile, art. 2922

Codice di Procedura Civile, art. 586

Conformi

Cass. Civ., sez. III, 21.09.2015, n. 18451